2. Il silenzio dopo il girotondo

La vita a Sant’Anna di Stazzema prima del massacro era fatta di cose semplici: lavori in campagna o nelle cave, una chiesa, poche strade ma tanti bambini. Spensierati fino a quella tragica mattina del 12 agosto. Perché colpire con un’azione così vile e premeditata proprio questo luogo di pace? Ci ha dato una mano a capirlo Paolo Pezzino, professore ordinario di Storia Contemporanea all’Università di Pisa e presidente dell’Istituto Nazionale Ferruccio Parri, nonché consulente tecnico della Procura Militare di La Spezia negli anni dei processi sull’eccidio.

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Nelle prime ore del mattino del 12 agosto 1944 un folto numero di soldati tedeschi raggiunge Sant’Anna di Stazzema, un paesino di montagna della Versilia. I nazisti trovano solo donne, vecchi e bambini, gli uomini sono già tutti fuggiti per paura dei rastrellamenti, ma non si fanno problemi a ucciderli prima di dare fuoco a corpi e abitazioni. È un vero e proprio eccidio, crudele ma soprattutto pianificato.Finita la guerra, per molto tempo non si è parlato di ciò che è successo a Sant’Anna. È scesa una coltre di silenzio cinereo che, originata in primo luogo da quelle istituzioni che avrebbero dovuto trovare e processare i colpevoli della strage, ha oppresso soprattutto i superstiti. Solo a metà degli anni ‘90 l’eccidio di Sant’Anna di Stazzema ha cominciato, faticosamente, a essere riconosciuto e ricordato.Grazie alle voci dei protagonisti, dai sopravvissuti alla strage al procuratore che ha istruito i processi per trovarne i responsabili, “Cenere - Le voci dell’eccidio dimenticato di Sant’Anna di Stazzema” racconta la storia di una pagina terribile della Seconda guerra mondiale, nascosta per troppo tempo negli archivi della memoria d’Italia.