Ep. 5: La porta santa e l’arcobaleno

Quando Giovanni Paolo II celebra il Grande Giubileo del 2000, l’immagine della chiesa cattolica è trionfalistica. Il papa, seppure malato, si appresta a guidare la chiesa nel nuovo millennio, gettandosi alle spalle passato e incomprensioni. Ma nelle luci della celebrazione, la chiesa di Wojtyla non guarda alle critiche che cominciano a fioccare, soprattutto lontano da Roma. Le critiche più feroci vengono avanzate dalla comunità omosessuale, che accusa il papa di omofobia e di aver stigmatizzato le persone affette dall’epidemia di Aids. Ma quando nel Duemila nella città di Roma alle celebrazioni dell’Anno Santo nella Capitale si sovrappone il World Gay Pride, lo scontro diventa acceso. Nonostante le critiche e le pressioni sulla politica da parte della chiesa, la Capitale ha il suo Pride, e un prete che vi partecipa ne fa le spese.See omnystudio.com/listener for privacy information.

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Giovanni Paolo II è il papa dei primati. Venuto dall’altra parte della cortina di ferro, è stato il primo pontefice non italiano dell'epoca moderna. La sua è stata una canonizzazione lampo: il processo che lo ha eletto santo è durato solo nove anni dalla sua morte, battendo persino la santa dei record, Madre Teresa di Calcutta. Il suo pontificato, al contrario, è fra i più lunghi nella storia della chiesa: 27 anni in cui crolla il Muro di Berlino, si disgregano i regimi del comunismo sovietico e il mondo si apre alla globalizzazione. Con Wojtyla inizia l’età d’oro del cattolicesimo mondiale, di cui lui stesso è icona pop, rilanciata a più riprese da tv e media. Poi, alla sua morte, tutto svanisce come un incantesimo e appaiono le ombre: gli abusi dei chierici sui minori, i teologi espulsi, la crisi dei grandi movimenti religiosi da lui stesso promosse. Ma che ruolo ebbe Giovanni Paolo II in tutto questo? È stato santo davvero?